20/04/12

QUESTIONE GIURIDICA N.4


IDONEITA’ DELLA FATTURA AI FINI DELLA PRONUNCIA DELLA
INGIUNZIONE DI PAGAMENTO

Il procedimentodi ingiunzione può essere impiegato solo per far valere un credito – inteso come diritto ad
un’altrui prestazione – che sia esigibile ed abbia ad oggetto una somma di denaro liquida o
una quantità di cose fungibili determinata, ovvero la consegna di una cosa mobile
determinata, sempre che sussistano gli ulteriori requisiti di cui all’art.633 c.p.c.. Tra questi,
la nostra attenzione si è soffermata soprattutto sul requisito della prova scritta di cui al n.1
della citata norma e, in particolare, sull’efficacia della fattura ai fini della prova scritta sul
credito. Ebbene, l’art.634, comma II, c.p.c. individua come prove scritte idonee gli estratti
autentici delle scritture contabili, purché bollate e vidimate nelle forma di legge e
regolarmente tenute, nonché gli estratti autentici delle scritture contabili prescritte dalle
leggi tributarie, se regolarmente tenute. Ciò ha implicato una ricerca in ordine, come già
detto, all’idoneità della fattura ad assurgere a prova scritta del credito ai fini
dell’ingiunzione di pagamento.
La Corte di Cassazione è molto chiara sul punto: “La fattura ove proveniente da un
imprenditore esercente attività commerciale e relativa fornitura di merci o prestazioni di
servizi (anche a cliente non esercente, a sua volta, la medesima attività), rappresenta idonea
prova scritta del credito quale richiesta ex lege per l’emissione di un decreto ingiuntivo,
sempre che ne risulti la regolarità amministrativa e fiscale” (Cass.Civ., Sez.III, 11 marzo-3
aprile 2008, n.8549). questa pronuncia ricalca un consolidatissimo orientamento
giurisprudenziale che inquadra la fattura commerciale come “atto giuridico in senso stretto a
formazione unilaterale a parte creditoris”. Essa non possiede alcun valore probatorio
assoluto in ordine all’esistenza del credito, il quale, pertanto – quando è oggetto di
contestazione – deve essere effettivamente verificato in tutti i suoi elementi. Si tratta di un
atto avente la funzione di far risultare documentalmente elementi relativi all’esecuzione di
un contratto, e si struttura secondo le forme di una dichiarazione – indirizzata all’altra parte
– avente ad oggetto fatti concernenti un rapporto già costituito. Attesa la sua formazione ad
opera della stessa parte che intende avvalersene, è evidente che, qualora detto rapporto
venga contestato tra le parti, la fattura, ancorché annotata nei libri obbligatori, non può
assurgere a prova del contratto, ma, al più, rappresentare un mero indizio della stipulazione
dello stesso e dell’esecuzione della prestazione indicata. Nessun valore, invece, nemmeno
indiziario, le si può riconoscere tanto in ordine alla corrispondenza della prestazione
indicata con quella pattuita, quanto in relazione agli altri elementi costitutivi del contratto.
Ancora, sul punto, la Suprema Corte sottolinea che le fatture commerciali, pur essendo
prove idonee ai fini dell’emissione del decreto ingiuntivo, hanno tale valore esclusivamente
nella fase monitoria del procedimento, mentre nel giudizio di opposizione all’ingiunzione,
come in ogni altro giudizio di cognizione, le fatture, essendo documenti formati dalla stessa
parte che se ne avvale non integrano di per sé la piena prova del credito in esse indicato e
non comportano neppure l’inversione dell’onere della prova in caso di contestazione sull’an
o sul quantum del credito vantato in giudizio. Ne consegue che, quando il debitore ingiunto
muove contestazioni sull’an o sul quantum debeatur, le fatture non valgono a dimostrare
l’esistenza del credito, né la sua liquidità ed esigibilità.

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