Danno da vacanza rovinata
Tizio conviene in giudizio la agenzia di viaggi
Alfa al fine di veder riconosciuto
il proprio diritto ad ottenere il
risarcimento dei danni patiti a seguito del mancato
godimento di una vacanza, nei fatti
presentatasi in maniera alquanto differente
rispetto a quanto prospettato dal contratto
di viaggio stipulato presso la medesima
agenzia, ed illustrato dai depliant che
avevano determinato l’attore alla prenotazione
proprio di quel tipo di viaggio, piuttosto
che altro.
La disciplina del cd. “contratto di
viaggio” trova espresso riconoscimento nella
legge 27 dicembre 1977, n. 1084, di
ratifica ed esecuzione della Convenzione
internazionale relativa al contratto di
viaggio, firmata a Bruxelles il 23 aprile 1970.
La legge in oggetto tipizza due ipotesi di
contratto di viaggio: l’uno relativo
all’organizzazione del viaggio, l’altro in
ordine al contratto di intermediario di viaggi.
Nello specifico, ricorre un contratto di
viaggio allorquando sussista la vendita,
o comunque l’offerta, sul territorio
nazionale, di pacchetti turistici, che
comprendano il trasporto, l’alloggio ed i
servizi turistici non accessori al trasporto o
all’alloggio, che costituiscano parte
significativa del pacchetto turistico, sempre che
l’organizzatore, o il venditore, siano in
possesso di regolare autorizzazione.
Discorrendosi, come si è visto, di un
regolare contratto a prestazioni
corrispettive, l’inadempimento ad opera di
una parte, nello specifico l’organizzatore o
il venditore del pacchetto turistico,
configura una responsabilità contrattuale che
postula il conseguente risarcimento di un
danno specifico, qualificato come “danno
da vacanza rovinata”.
Il tema del danno da vacanza rovinata si
inserisce nella progressivamente
sempre più accentuata struttura del
turismo, ormai divenuto fenomeno di massa,
nonché nella evoluzione della società e
della tutela della persona, in tutte le sue
attività latamente “realizzatrici”, tanto
di un migliore rapporto con se stesso, quanto
con le persone e le cose che la circondano.
La Giurisprudenza di merito, sul punto, ha
avuto modo di specificare che “il
danno da vacanza rovinata è un pregiudizio
al benessere che in concreto consiste nel non aver
ottenuto dalla vacanza l’obiettivo
prefissato, ovvero, non si tratta tanto di una sofferenza
subita, bensì piuttosto di un mancato
guadagno sul piano del benessere e della qualità della
vita, cioè la mancata acquisizione degli
effetti di qualità della vita che avrebbe dovuto
apportare la vacanza” (Trib. Bologna, sez. II, 7 giugno 2007).
Riconosciuta la sussistenza di uno
specifico danno risarcibile allorchè si
controverta in tema di responsabilità
contrattuale per inadempimento del cd.
contratto di viaggio, va chiarita la
sussistenza di detta responsabilità in capo
all’organizzatore del viaggio. A tal
proposito, la norma dell’art. 95 del Codice del
consumo è particolarmente chiara nello
stabilire che “l’organizzatore di viaggi risponde
di qualunque pregiudizio causato al
viaggiatore a motivo dell’inadempimento totale o parziale
dei suoi obblighi di organizzatore”. Peraltro, ben radicata sembra essere la
responsabilità
di tale figura giuridica, anche quando
l’inadempimento per non aver garantito al
turista tutto quanto promesso in sede di
trattative, o illustrato in specifici depliant,
non sia direttamente ascrivibile ad un suo
comportamento colposo.
E’ evidente come, nel caso di specie, le
descritte condizioni in cui versava il
villaggio prescelto dal cliente, così
palesemente difformi da quelle prospettate nel
depliant illustrativo al momento della
sottoscrizione del contratto, non possono che
determinare la ricorrenza di una precisa
responsabilità contrattuale in capo al tour
operator, tale da determinare la
sussistenza del cd. danno da vacanza rovinata, e
pertanto la necessità di provvedere al
risarcimento dello stesso.
Inoltre, legittima e fondata appare la
richiesta dell’attore di vedersi
riconosciuto il diritto ad ottenere il
risarcimento tanto del danno patrimoniale, da
ravvisarsi nelle spese sostenute dal
viaggiatore che siano state decisamente superiori
rispetto al reale valore della vacanza solo
verbalmente goduta, quanto di quello
morale, che la Giurisprudenza di merito
qualifica come “stress e disagio patiti per il
mancato godimento della vacanza
programmata, in tal modo risarcendo chi cercava
un’occasione di svago ed ha, invece, visto
nascere, crescere ed aumentare il proprio stato di
malessere” (Trib. Como 6 aprile 2005). Circostanza
che viene confermata, da ultimo,
anche dalla Suprema Corte, con sentenza n.
26972 dell’11 novembre 2008.
Il consumatore che abbia subito un
pregiudizio nel godimento della propria
vacanza “può sporgere reclamo mediante
l’invio di una raccomandata, con avviso di
ricevimento, all’organizzatore o al
venditore, entro e non oltre 10 giorni lavorativi dalla data di
rientro nel luogo di partenza…”, a norma dell’articolo 98, comma 2, del
Codice del
consumo.
Anche in questo caso, come si vede, le
doglianze mosse dalla società Beta in
ordine all’intempestivo reclamo presentato
dall’attore, che avrebbe vanamente atteso
il rientro a casa per la sua proposizione,
non possono trovare accoglimento, in
quanto palesemente sconfessate dalla
lettura dello stesso disposto normativo.
Va riconosciuta, pertanto, la sussistenza
di una responsabilità contrattuale in
capo all’organizzatore del viaggio, con
conseguente determinazione della particolare
figura del cd. “danno da vacanza rovinata”,
in ristoro del quale non può che disporsi
il risarcimento.
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